L'anatocismo bancario
Storia di un divieto violatoAnatocismo in breve
Nel nostro ordinamento giuridico, il pagamento degli interessi costituisce obbligazione pecuniaria che, di regola, non produce a sua volta interessi. Gli interessi già maturati producono interessi solo nelle due ipotesi previste dal codice civile: quando il loro pagamento sia domandato giudizialmente, oppure per effetto di un accordo posteriore alla loro scadenza. Nell’uno e nell’altro caso, si deve trattare di interessi dovuti per almeno sei mesi. La norma, tuttavia, fa salva l’esistenza di usi contrari e, proprio con riferimento alle operazioni bancarie, per lungo tempo gli stessi sono stati identificati, in dottrina come in giurisprudenza, nelle norme bancarie uniformi, predisposte dall’ABI ed applicate dagli istituti di credito aderenti nei rapporti con la clientela.
Solo sul finire degli anni ’90 la giurisprudenza ha reso evidente la impossibilità di ricondurre tali schemi contrattuali, unilateralmente predisposti dalle banche, al novero degli usi normativi, i soli in grado di derogare legittimamente al divieto di anatocismo e, dunque, di integrare l’eccezione contemplata dall’art. 1283 cod. civ. Al legislatore non restava che prenderne atto e tentare di porre rimedio: con il Decreto Legislativo 4 agosto 1999, n. 342 (c.d. decreto “salva-banche”), viene modificato l’art. 120 del Decreto Legislativo 1° settembre 1993, n. 385 (Testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia), con l’introduzione del principio di uguale cadenza di capitalizzazione dei saldi attivi e passivi, con attribuzione al Comitato Interministeriale per il Credito ed il Risparmio del potere di stabilire “modalità e criteri per la produzione di interessi sugli interessi maturati nelle operazioni poste in essere nell’esercizio dell’attività bancaria” e la sostanziale sanatoria dei rapporti pregressi (quest’ultima, subito caduta sotto la scure della Corte Costituzionale).
La produzione degli interessi sugli interessi è quindi divenuta legittima con la delibera CICR 9/2/2000, per cui le clausole anatocistiche contenute nei contratti di conto corrente e nei mutui stipulati a far data dal 22/4/2000 (data di entrata in vigore della delibera), sono valide ed efficaci purché: a) siano espressamente indicati la periodicità di capitalizzazione degli interessi ed il tasso di interesse applicato, anche sotto forma di tasso annuo effettivo che tenga conto dell’anatocismo b) nel conto corrente sia stabilita la stessa periodicità del conteggio degli interessi creditori e debitori; c) siano specificamente approvate per iscritto dal cliente, alla stregua di quanto elaborato dalla giurisprudenza per le clausole vessatorie di cui all’art. 1341 comma 2 c.c.
La Legge di Stabilità 2014 (art. 1, comma 629, L. 27 dicembre 2013, n. 147), ha sostituito il comma 2 dell’art. 120 TUB con il seguente:
Il CICR stabilisce modalità e criteri per la produzione di interessi nelle operazioni poste in essere nell’esercizio dell’attività bancaria, prevedendo in ogni caso che:
a) nelle operazioni in conto corrente sia assicurata, nei confronti della clientela, la stessa periodicità nel conteggio degli interessi sia debitori sia creditori; b) gli interessi periodicamente capitalizzati non possano produrre interessi ulteriori che, nelle successive operazioni di capitalizzazione, sono calcolati esclusivamente sulla sorte capitale.
Con Decreto del 3 Agosto 2016, il CICR ha stabilito che:
Nei rapporti di conto corrente o di conto di pagamento e’ assicurata la stessa periodicita’, comunque non inferiore a un anno, nel conteggio degli interessi creditori e debitori. Gli interessi sono conteggiati il 31 dicembre di ciascun anno e, comunque, al termine del rapporto per cui sono dovuti; per i contratti stipulati nel corso dell’anno, il conteggio e’ effettuato il 31 dicembre.
La Banca d’Italia ha realizzato per l’occasione una pagina informativa sulle nuove regole dell’anatocismo e il calcolo degli interessi.
La primavera del ’99
Operando uno storico revirement giurisprudenziale, la Corte di Cassazione, con le sentenze nn. 2374, 3096 e 3845 della primavera del 1999, ponendosi in contrasto con pronunzie del ventennio precedente, ha enunciato il principio ‑ reiteratamente, poi, confermato dalle sentenze successive, ed al quale ha dato riscontro anche il legislatore (che, con l’articolo 25 del D.Lgs 342/99 ha ridisciplinato le modalità di calcolo degli interessi su base paritaria tra banca e cliente) – per cui gli “usi contrari”, idonei ex articolo 1283 c.c. a derogare il precetto ivi stabilito, sono solo gli usi “normativi” in senso tecnico; desumendone, per conseguenza, la nullità delle clausole bancarie anatocistiche, la cui stipulazione risponde ad un uso meramente negoziale ed incorre quindi nel divieto di cui al citato articolo 1283.
La Sentenza 24418/10 delle Sezioni Unite
Se, dopo la conclusione di un contratto di apertura di credito bancario regolato in conto corrente, il correntista agisce per far dichiarare la nullità della clausola che prevede la corresponsione di interessi anatocistici e per la ripetizione di quanto pagato indebitamente a questo titolo, il termine di prescrizione decennale cui tale azione di ripetizione è soggetta decorre, qualora i versamenti eseguiti dal correntista in pendenza del rapporto abbiano avuto solo funzione ripristinatoria della provvista, dalla data in cui è stato estinto il saldo di chiusura del conto in cui gli interessi non dovuti sono stati registrati.
L’intervento delle Sezioni Unite del 2004
Con la sentenza n. 21095 del 4 novembre 2004, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno altresì escluso che un uso normativo di capitalizzazione trimestrale degli interessi a debito del correntista bancario preesistesse al nuovo orientamento giurisprudenziale (Cassazione 2374/99 e successive conformi) che lo ha negato: le pattuizioni anatocistiche, come clausole non negoziate e non negoziabili perché già predisposte dagli istituti di credito venivano sottoscritte dalla parte che aveva necessità di usufruire del credito bancario e non aveva, quindi, altra alternativa per accedere ad un sistema connotato dalla regola del prendere o lasciare. Dal che la riconducibilità della prassi di inserimento, nei contratti bancari, delle clausole in questione, ad un uso negoziale e non già normativo.
L’intervento della Consulta
Con sentenza 5 aprile 2012 n. 78, la Corte Costituzione dichiara la illegittimità costituzionale dell’art. 2, comma 61, del decreto-legge 29 dicembre 2010, n. 225 (c.d. Milleproroghe), convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2011, n. 10, il quale prevedeva che “In ordine alle operazioni bancarie regolate in conto corrente l’articolo 2935 del codice civile si interpreta nel senso che la prescrizione relativa ai diritti nascenti dall’annotazione in conto inizia a decorrere dal giorno dell’annotazione stessa. In ogni caso non si fa luogo alla restituzione d’importi già versati alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto“.
E la capitalizzazione annuale?
Richiamando un principio espresso dalle Sezioni Unite, la Corte di Cassazione, Sez. I civ., con la sentenza 6 maggio 2015, n. 9127, torna a affermare con chiarezza che anche la capitalizzazione annuale degli interessi sia un uso illegittimamente applicato, non rilevando in ogni caso l’arco temporale in relazione al quale viene effettuata la capitalizzazione.
L’indirizzo è ormai pacifico
Nel 2015 ancora una pronuncia confermativa dell’orientamento della giurisprudenza di legittimità sviluppatosi a partire dal 1999, secondo cui le clausole dei contratti bancari che prevedano la capitalizzazione trimestrale degl’interessi dovuti dal cliente devono considerarsi nulle per contrasto con l’art. 1283 cod. civ. (Cass., 1^ Sez. civ., sentenza 29.09.2015, n. 19314).
Come fare per ottenere il rimborso
L’esperienza dell’ultimo ventennio ha dimostrato la totale impermeabilità degli istituti di credito alle pur legittime richieste dei correntisti di ripetizione delle somme addebitate a titolo di interessi anatocistici. Non resta che il ricorso all’Autorità Giudiziaria, previo esperimento del tentativo di mediazione, obbligatorio in materia.